Le apparizioni sono sempre ben accette e curiose nel loro presentarsi inattese ma qui non ci vedo quanto supposto… vedo uno strumento ottico binoculare, utilizzabile a pagamento, fotografato contro il cielo che può essere scrutato servendosi dello stesso. Alcune lampadine non mi aiutano nello sforzo immaginativo. Composizione molto decentrata per rinforzare una non forte immagine.
Domenico Brizio
interessante strumento….ma fotograficamente povero.
Non riesco a trovarne un lato artistico, un significato che vada oltre la semplice documentazione di un oggetto, decontestualizzato e fine a se stesso.
Ovviamente, mio umile parere personale.
Non me ne voglia l’autore, le critiche aiutano sempre a crescere.
Amichevoli saluti.
Massimo Losacco
Un oggetto o una persona ci appare diverso a seconda del punto di vista.
Lucia ha scelto la posizione migliore perchè l’oggetto assumesse le sembianze del robottino del film.
E ci è riuscita benissimo.
Anche la posizione nel quadro, tutto sulla destra, lascia spazio davanti allo sguardo dell’androide che sembra sul punto di accorgersi di noi.
Le lampadine erano lì e non aggiungono nulla all’immagine (potrebbero essere tolte in PP).
L’autrice non ha avuto nessun intento “artistico”, ma è ammirevole il fatto che abbia saputo “vedere” in un banale oggetto, la somiglianza con qualcos’altro.
E’ l’occhio curioso del fotografo che riesce ad accorgersi di ciò che alla massa passa inosservato.
Enrico Maddalena
Solo grazie all’input di Donatella Tandelli (non ho visto il film) ed alla successiva ricerca sul sito della Disney, http://www.disney.it/Film/Wall-E/
ho potuto acquisire i presupposti per decodificare il “simbolo”.
Il linguaggio grafico comunica per mezzo di simboli. Occorre conoscere i concetti da essi rappresentati e poi ancora istaurare (soggettivamente), in base ad altre conoscenze ed esperienze individuali, una opportuna relazione tra loro.
Questo è uno dei parametri che impedisce l’universalità della comunicazione grafica, fotografica e dell’arte in genere; salvo i casi (abbastanza limitati) in cui il simbolismo si riferisca a concetti o ad esperienze più comuni e generali.
Dall’immagine in questione, a parte la documentazione della somiglianza tra il visore a pagamento ed il personaggio di Walt Disney, non riesco a cogliere un messagggio congruo, suffragato da indizi più concreti ed incisivi.
Antonino Tutolo
Quanti film dobbiamo aver visto per poter assaporare una fotografia? E’ uno dei miei film preferiti e sarà per questo che non riesco ad immaginare: una difesa dell’originalità.
Non sempre si riesce ad immaginare o a far immaginare…
Domenico Brizio
Questo è un semplice e bellissimo esempio. Quando si guarda una fotografia noi semplici fotografi vediamo solo quello che conosciamo di quanto vi compare dentro, direttamente (come in questo caso il finto robottino protagonista animato di film) oppure indirettamente (la luce delle lampadine di notte). Quindi solo la nostra storia vissuta.
il fotografo deve imparare ad aprire la mente…faccio i miei complimenti all’autore della foto non per la qualità o per la bellezza ,ma semplicemente per aver visto oltre.Sono percio’ in pieno accordo con quello che ha detto Enrico Maddalena.
Leonardo Bertini
Una fotocamera digitale, un’esperienza di film fantascentifici, tanta fantasia et les jeux sont faits. Chi ha detto che la fotografia debba essere solo ed esclusivamente una cosa artistica, una cosa seria… la fotografia è un’espressione e come tale viene usata: può essere arte, può essere cronaca, può essere desiderio e può essere anche una forattinata, una battuta spiritosa, una barzelletta per far sorridere. A me sembra che Marco Tambara abbia fatto centro con questa immagine… semplice, ma dice quello che lui voleva intendere…
Ma che titolo impegnativo! Personalmente trovo controproducente l’uso (che il più delle volte diventa abuso) dei titoli nelle foto. Neppure io avevo visto il film ed ho dovuto documentarmi. Ma, chiarito questo, può bastare questo legame a giustificare la diffusione dell’immagine al di fuori della sfera privata? Perché mi sembra evidente dal titolo che la foto vuol richiamare la irresistibile somiglianza con il protagonista del film e non altro. Infatti anche diversi commenti si incentrano sul rapporto tra l’immagine e il film. Una foto in gabbia.
Avrei preferito la stessa immagine senza nessun titolo o con un titolo neutro: ritengo che sarebbe stata più “libera” e, credo, sarebbero stati più liberi anche coloro che la osservano.
Claudio Lorenzini
Io non ho visto il film, ma vedo con chiarezza Walle-e grazie all’ottima inquadratura scelta. Vedo un robot.. forse perchè amo la saga di Guerre Stellari. Vedo un robot e non uno strumento ottico binoculare. Vedo non solo una ottima inquadratura, ma vedo l’autrice nell’atto di spostare lo strumento per comporre ancora meglio ciò che ha composto. Per dare ancora più forza a quelle piccole braccia appena abbozzate ai lati della scatola..
E’ veramente “ammirevole il fatto che abbia saputo “vedere” in un banale oggetto, la somiglianza con qualcos’altro.
E’ l’occhio curioso del fotografo che riesce ad accorgersi di ciò che alla massa passa inosservato.”.. grandissime parole!!
Luca Tedeschini
Sì proprio lui… ce la farà a salvare il pianeta?
Marco Tambara
Le apparizioni sono sempre ben accette e curiose nel loro presentarsi inattese ma qui non ci vedo quanto supposto… vedo uno strumento ottico binoculare, utilizzabile a pagamento, fotografato contro il cielo che può essere scrutato servendosi dello stesso. Alcune lampadine non mi aiutano nello sforzo immaginativo. Composizione molto decentrata per rinforzare una non forte immagine.
Domenico Brizio
Forse il sig.Brizio non ha visto al cinema Wall-e….?
io ce lo vedo eccome!!!
Donatella Tandelli
interessante strumento….ma fotograficamente povero.
Non riesco a trovarne un lato artistico, un significato che vada oltre la semplice documentazione di un oggetto, decontestualizzato e fine a se stesso.
Ovviamente, mio umile parere personale.
Non me ne voglia l’autore, le critiche aiutano sempre a crescere.
Amichevoli saluti.
Massimo Losacco
Un oggetto o una persona ci appare diverso a seconda del punto di vista.
Lucia ha scelto la posizione migliore perchè l’oggetto assumesse le sembianze del robottino del film.
E ci è riuscita benissimo.
Anche la posizione nel quadro, tutto sulla destra, lascia spazio davanti allo sguardo dell’androide che sembra sul punto di accorgersi di noi.
Le lampadine erano lì e non aggiungono nulla all’immagine (potrebbero essere tolte in PP).
L’autrice non ha avuto nessun intento “artistico”, ma è ammirevole il fatto che abbia saputo “vedere” in un banale oggetto, la somiglianza con qualcos’altro.
E’ l’occhio curioso del fotografo che riesce ad accorgersi di ciò che alla massa passa inosservato.
Enrico Maddalena
Solo grazie all’input di Donatella Tandelli (non ho visto il film) ed alla successiva ricerca sul sito della Disney, http://www.disney.it/Film/Wall-E/
ho potuto acquisire i presupposti per decodificare il “simbolo”.
Il linguaggio grafico comunica per mezzo di simboli. Occorre conoscere i concetti da essi rappresentati e poi ancora istaurare (soggettivamente), in base ad altre conoscenze ed esperienze individuali, una opportuna relazione tra loro.
Questo è uno dei parametri che impedisce l’universalità della comunicazione grafica, fotografica e dell’arte in genere; salvo i casi (abbastanza limitati) in cui il simbolismo si riferisca a concetti o ad esperienze più comuni e generali.
Dall’immagine in questione, a parte la documentazione della somiglianza tra il visore a pagamento ed il personaggio di Walt Disney, non riesco a cogliere un messagggio congruo, suffragato da indizi più concreti ed incisivi.
Antonino Tutolo
Quanti film dobbiamo aver visto per poter assaporare una fotografia? E’ uno dei miei film preferiti e sarà per questo che non riesco ad immaginare: una difesa dell’originalità.
Non sempre si riesce ad immaginare o a far immaginare…
Domenico Brizio
Questo è un semplice e bellissimo esempio. Quando si guarda una fotografia noi semplici fotografi vediamo solo quello che conosciamo di quanto vi compare dentro, direttamente (come in questo caso il finto robottino protagonista animato di film) oppure indirettamente (la luce delle lampadine di notte). Quindi solo la nostra storia vissuta.
Maurizio Tieghi
il fotografo deve imparare ad aprire la mente…faccio i miei complimenti all’autore della foto non per la qualità o per la bellezza ,ma semplicemente per aver visto oltre.Sono percio’ in pieno accordo con quello che ha detto Enrico Maddalena.
Leonardo Bertini
Una fotocamera digitale, un’esperienza di film fantascentifici, tanta fantasia et les jeux sont faits. Chi ha detto che la fotografia debba essere solo ed esclusivamente una cosa artistica, una cosa seria… la fotografia è un’espressione e come tale viene usata: può essere arte, può essere cronaca, può essere desiderio e può essere anche una forattinata, una battuta spiritosa, una barzelletta per far sorridere. A me sembra che Marco Tambara abbia fatto centro con questa immagine… semplice, ma dice quello che lui voleva intendere…
Roberto Zuccalà
Ma che titolo impegnativo! Personalmente trovo controproducente l’uso (che il più delle volte diventa abuso) dei titoli nelle foto. Neppure io avevo visto il film ed ho dovuto documentarmi. Ma, chiarito questo, può bastare questo legame a giustificare la diffusione dell’immagine al di fuori della sfera privata? Perché mi sembra evidente dal titolo che la foto vuol richiamare la irresistibile somiglianza con il protagonista del film e non altro. Infatti anche diversi commenti si incentrano sul rapporto tra l’immagine e il film. Una foto in gabbia.
Avrei preferito la stessa immagine senza nessun titolo o con un titolo neutro: ritengo che sarebbe stata più “libera” e, credo, sarebbero stati più liberi anche coloro che la osservano.
Claudio Lorenzini
Io non ho visto il film, ma vedo con chiarezza Walle-e grazie all’ottima inquadratura scelta. Vedo un robot.. forse perchè amo la saga di Guerre Stellari. Vedo un robot e non uno strumento ottico binoculare. Vedo non solo una ottima inquadratura, ma vedo l’autrice nell’atto di spostare lo strumento per comporre ancora meglio ciò che ha composto. Per dare ancora più forza a quelle piccole braccia appena abbozzate ai lati della scatola..
E’ veramente “ammirevole il fatto che abbia saputo “vedere” in un banale oggetto, la somiglianza con qualcos’altro.
E’ l’occhio curioso del fotografo che riesce ad accorgersi di ciò che alla massa passa inosservato.”.. grandissime parole!!
Luca Tedeschini